Diffamazione (ART.595 C.P.) in condominio
Forse questo è tra gli illeciti più commessi nell’ambito della vita condominiale.
L’elemento oggettivo è costituito dall’offesa, e la peculiarità dell’offesa, affinché questa possa considerarsi punibile, è che venga comunicata a più persone.
Art 595 codice penale reato di diffamazione.
Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a milletrentadue euro.
Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a duemilasessantacinque euro.
Se l’offesa è recata col mezzo della stampa [57-58bis] o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a cinquecentosedici euro.
Se l’offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza, o ad una Autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate.
Come si compone il reato di diffamazione in condominio?
Per avere reato di diffamazione, dunque, il soggetto deve aver comunicato con più persone (almeno due o più di due) offendendo la reputazione di un altro soggetto, che non però non è presente.
Non si può quindi avere diffamazione quando si parla male di una persona solo con un’altra.
Il reato si ha lo stesso se l’episodio si ripete in modo sistematico con altre persone, in modo da configurare la comunicazione, anche se non contemporanea, con più soggetti.
Ad esempio:
Tizio parla male di Caio attribuendogli dei fatti diffamanti, prima con Sempronio, poi con Mevio, poi con altri.
Per il reato di diffamazione i Giudici osservano come le assemblee condominiali rappresentino «notori focolai di litigiosità».
Cosa dice la cassazione in merito al reato di diffamazione in condominio?
La Cassazione, nel 2017, si era occupata del caso di una condomina che era stata accusata di essere «notoriamente litigiosa e mal pagatrice».
Le espressioni figuravano in una lettera allegata al verbale di assemblea (quindi venivano lette dai presenti e comunicate agli altri condomini).
I giudici hanno però escluso la diffamazione, ritenendo che il condomino autore della lettera avesse legittimamente esercitato il suo diritto di critica.
Ma perché?
Con specifico riferimento al reato di diffamazione, i giudici considerano che in condominio non sempre viene usato un gergo formale e che, appunto, l’assemblea condominiale è un ambito dove gli animi si scaldano facilmente.
Per questo motivo, aver definito la condomina “notoriamente litigiosa e mal pagatrice” non è stato visto come un insulto offensivo e smisurato, bensì come una espressione moderata e proporzionata.
Inoltre la questione della morosità è stata considerata di interesse collettivo e la critica è stata considerata lecita perché sostanzialmente veritiera: la condomina criticata era effettivamente morosa e intratteneva rapporti non certo idilliaci col condominio, per cui la critica su questi argomenti non è stata considerata del tutto gratuita.
Viceversa, invece, nel corso di un’assemblea gli attacchi personali e gratuiti che nulla hanno a che vedere con i rapporti condominiali non possono essere fatti rientrare nel diritto di critica e potranno costituire diffamazione.
Si pensi al condomino che, durante l’assemblea, viene giudicato per il suo modo di comportarsi nella vita privata.
Oppure a quello che venga insultato per la professione svolta (in un caso, sfociato in una condanna, un condomino era stato definito “un architetto di m…”).
In queste circostanze la critica non ha nulla a che vedere con l’attività condominiale e si risolve in un attacco immotivato.
Questo vale ovviamente anche al di fuori dell’assemblea condominiale.
La Cassazione ha recentemente confermato la condanna inflitta ad un signore che aveva riferito a più persone la presunta relazione extraconiugale di una vicina di casa.
Anche se tale relazione fosse vera, non si ha diritto di divulgarla perché il diritto alla riservatezza è garantito desumendolo dall’art. 15 della Costituzione.
Pena, la sanzione economica
La pena base per il delitto in questione è la reclusione fino a un anno o la multa fino ad € 1.032,00.
Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è aumentata: reclusione fino a due anni o multa fino ad € 2.065,00.
Se l’offesa è recata con il mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, la pena è della reclusione da 6 mesi a tre anni o della multa non inferiore ad € 516,00.
Per esempio, scrivere una lettera offendendo l’Amministratore e mandandola agli altri condomini costituisce diffamazione, che appunto sarà più severamente punita poiché si è utilizzato un mezzo di diffusione quale la lettera inviata a tutti i condomini.
Il reato di diffamazione da parte dell’amministratore
Anche l’Amministratore spesso si rende responsabile di questi reati.
In giurisprudenza, si è ravvisato il reato di diffamazione qualora l’Amministratore invii una lettera a tutti i condomini con i quali questi sono edotti della morosità di uno di essi, oppure qualora esponga l’avviso con indicazione dei morosi nella bacheca condominiale.
Poniamo il caso che, a causa della morosità di alcuni condomini, il Condominio rischi il distacco della fornitura di un servizio.
La Cassazione ha osservato come l’Amministratore, nell’esercizio della propria attività gestionale, qualora sia motivato dall’esigenza di evitare un evento grave quale l’interruzione di un servizio, possa anche utilizzare modalità comunicative potenzialmente accessibili a terzi estranei al condominio, come l’affissione di informazioni nell’androne comune o nelle apposite bacheche destinate alle comunicazioni ai condomini.
A condizione che si adottino opportune cautele.
Tale tipo di comunicazione, infatti, è dotata dei necessari requisiti di estrema celerità comunicativa e non dà luogo al diffondersi di contenuti diffamatori qualora non contenga l’indicazione nominativa dei singoli condomini morosi.
Il condomino moroso non può essere additato mediante affissione del nominativo nella bacheca condominiale.
Anche perché le morosità possono essere comunicate agli altri condomini sia al momento della trasmissione del rendiconto annuale sia a seguito di richiesta effettuata dai singoli condomini nell’esercizio del potere di vigilanza e controllo.
Ricordiamo infatti che viene riconosciuta a ciascun condomino, a proprie spese, la possibilità di prendere visione ed estrarre copia della rendicontazione periodica, in tal modo venendo a conoscenza di eventuali morosità degli altri condomini.
Tra l’altro, esporre in bacheca i nominativi dei morosi solleva anche la questione della tutela di riservatezza dei dati personali di cui è a disposizione l’amministratore ai fini della tenuta dell’anagrafe condominiale e soprattutto di dati relativi alla morosità.
A differenza della diffamazione, nell’ingiuria un soggetto offende direttamente un altro soggetto, in sua presenza, ledendo l’onore o il decoro di questi.
L’ingiuria nel condominio
L’ingiuria non è più un reato dal 2016, è stata infatti depenalizzata, diventando un illecito civile per cui ora si viene puniti con una sanzione pecuniaria da € 100,00 ad € 8.000,00. La sanzione va invece da € 200,00 ad € 12.000,00 se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato o sia commessa in presenza di più persone, oltre a quella che viene offesa.
Quindi, non essendo più reato, si dovrà instaurare una causa civile di risarcimento danno, davanti al Giudice di Pace o al Tribunale (a seconda dell’importo richiesto in risarcimento) e, se verrà emessa una sentenza di condanna, questa prevederà il risarcimento dei danni alla persona offesa e, con esso, le spese processuali, oltre ad una sanzione civile da pagare allo Stato (quindi se non viene pagata interverrà Equitalia).
Quando era reato bisognava presentare querela entro 90 giorni. Ora il termine entro cui instaurare un’azione civile è di 5 anni.
Sappiate che se le offese sono reciproche, il Giudice può non applicare la sanzione pecuniaria ad uno o ad entrambi gli offensori. Mentre non è sanzionabile chi ha commesso il fatto nello stato d’ira determinato da un fatto ingiusto altrui, e subito dopo di esso.
Si analizza il contesto nel quale la parola è stata pronunciata per cui, ad esempio, quando ancora l’ingiuria era un reato, un condomino non venne condannato per essersi rivolto all’amministratore, nel corso di un’assemblea, dicendogli “Lei è un bugiardo, dice il falso e mente”.
La Corte aveva ritenuto che l’assemblea condominiale è un ambiente caratterizzato spesso da una vis polemica o comunque sopra le righe, per cui se in astratto dare del bugiardo a qualcuno può assumere carattere lesivo e denigratorio, in questo contesto perde gran parte della sua valenza offensiva, perché appunto il condomino stava criticando l’operato dell’amministratore, in quanto organo esecutivo obbligato a rendere conto all’assemblea.